Il filo spezzato

Anche in questo intervento, riporto quelle che sono le testimonianze di una civiltà o perlomeno di una civilizzazione globale sul nostro pianeta il cui bagaglio di conoscenza scientifica e tecnologica era ben superiore a quello della moderna società umana; se negli articoli precedenti ho mostrato quelle che potrebbero essere le rovine e i resti delle antiche vestigia di tali società, disseminate sia sui fondali oceanici che in aree desertiche del pianeta, in questo intervento vorrei focalizzare l’attenzione sui manufatti che per le civiltà a cui sarebbero attribuiti, risultano essere del tutto inspiegabili, cosi come a tutt’oggi inspiegabile resta la loro effettiva realizzazione dato che nemmeno con le più moderne tecnologie, perlomeno quelle di dominio pubblico, riusciremmo a replicare; una tecnologia a noi ignota ma che per le antiche civiltà sembra essere stata di comune retaggio e globalmente condivisa.

Prima di questo però vorrei soffermarmi nel fare alcune considerazioni di carattere generale su alcuni aspetti che ritengo abbiano una rilevanza di primo piano e seppure esulano dallo specifico contesto, danno il senso e spiegherebbero il perché di molte incongruenze di assunti preconcetti “negazionisti” da un lato della scienza ufficiale, oltremodo, in antitesi con gli stessi presupposti della scienza e dall’altro delle religioni, nello specifico quelle della Chiesa Cattolica; sorvolando sui tempi bui e “atterrando” alla fine del 1700, inizio del risveglio e del nascere delle scienze moderne, mi domando il perché in quell’epoca la maggior parte dell’élite culturale riteneva “la teoria della pluralità dei mondi” fosse una realtà concreta e scienziati, ricercatori, intellettuali attestavano nei loro scritti questa realtà, forse per il clima che si era creato con l’era illuminista che per l’appunto spazzava via gli ultimi residui dell’oscurantismo ecclesiastico e dogmatico dei secoli precedenti, ma ciò nonostante alla fine del 18′ secolo la Chiesa Cattolica era più di oggi una potenza politica mondiale, quindi perché l’intellighenzia doveva o voleva rischiare attriti o “biasimi” da parte di un potere politico così importante; dopotutto le vicende, se pur datate, di Giordano Bruno, potevano essere ignote al “popolino” ma non potevano esserlo per i dotti e l’élite culturale, quindi perché, la Chiesa non fu altrettanto intransigente nei confronti di queste eresie come lo fu con il frate domenicano?
Molto probabilmente anche se l’influenza della Chiesa era notevole, rispetto a movimenti culturali come l’illuminismo e l’esplosione delle scienze moderne che da tele movimento scaturirono le gerarchie soprassederono o quantomeno fecero buon viso a cattivo gioco, anche perché con le nuove idee, se contrastate e prese di “petto” avrebbe potuto amplificare ed accelerare la loro affermazione e quindi rappresentare un pericolo ben maggiore per gli asset ecclesiastici.
Non va nemmeno dimenticato che l’epoca in questione, era l’alba di due grandi eventi storici, sociali e politici quali la rivoluzione francese e quella americana che rappresentarono e rappresentano tutt’ora uno sparti acque tra due differenti modi di vedere la società con l’affermazione del principio di laicità degli stati e di indipendenza dalle confessioni religiose.

Detto questo, vi sono molte evidenze che fanno presumere che gli “schieramenti illuministi ed ecclesiastici”, abbiano per cosi dire, preferito portare lo “scontro” ad un altro livello o forse ad una sorta di patto non scritto di non belligeranza diretta ed aperta, in sintesi estrema una sorta di “guerra fredda” il cui svolgimento è tutt’ora in corso, i cui effetti possono essere riconducibili a quel fenomeno definito come “la teoria del complotto”, cortina fumogena dietro cui, per l’appunto si nasconde un conflitto per la supremazia sulla verità, non per nulla il famoso motto “la verità vi renderà liberi” implica che se tutti detenessero la verità, tutti sarebbero liberi e quindi nessuno potrebbe prevaricare qualcun altro, di conseguenza “liberalizzare” la verità equivarrebbe a far implodere qualsiasi istituzione umana, con tutto quel che ne possa conseguire.
Aldilà delle buone intenzioni, degli uni e/o degli altri nel preservare l’umanità dalla catastrofe è evidente che questo status fa comodo poiché di fatto costituisce un centro di potere, anzi, oserei dire il centro di potere supremo, perciò chi fa parte del “gioco”, ha tutti gli interessi a finché il gioco duri il più a lungo possibile, nonostante questo possa fattivamente dimostrarsi antitetico alle premesse ed ai presupposti.

Ma quale sono queste verità cosi sconvolgenti da sconquassare qualsivoglia ordinamento?
Potrebbe essere che non esista un dio che giocando con del fango abbia creato un pupazzetto come fanno i bambini con la plastilina ed il pongo? O che quanto riportato nella Genesi sia una sorta di parabola, un resoconto sintetico e in “codice” e quindi il genere umano sia il prodotto di manipolazioni di specie primitive da parte di entità aliene?
Che siamo i discendenti di antichi colonizzatori provenienti da chissà quale parte del cielo?
Oppure che il genere umano sia una delle tante specie animali evolute ad un livello superiore e quindi l’evoluzione sarebbe un fenomeno diffuso non solo sul nostro pianeta?
Forse la Terra è una prigione a cielo aperto dove i soggetti più indisciplinati e riottosi di altri mondi vengono “confinati” o per scontare una pena?
Già queste ipotesi sono sufficienti per mettere in crisi e far vacillare le fondamenta, se non delle istituzioni dell’uomo molti degli assunti e dei presupposti su cui queste si basano e sinteticamente, attestare che non esiste ne il bene ne il male e che “Le leggi immutabili che estirpano le specie deboli per far posto a quelle forti e che assicurano la “sopravvivenza del più idoneo”, per quanto così crudeli nella loro azione immediata, lavorano tutte verso il raggiungimento del grande fine.”, che in sintesi estrema si può sublimare nella legge del più forte.

Fintanto che queste restano ipotesi più o meno plausibili possono essere fonte di ilarità e/o disappunto, ma resta il fatto che segni tangibili di una storia diversa ci sono e sono talmente tanti che occorre ignorarli scientemente o considerando gli excursus delle società umane, avvolgere questi argomenti in santificati dogmi o relegarli come “opera del diavolo”, mentre in un contesto moderno ed in relazione a quanto detto prima, racchiuderli in un impenetrabile segreto militare o di sicurezza nazionale.

Tornando al tema dell’intervento, ritengo che l’ipotesi più attendibile è che il genere umano sia la discendenza di antichi visitatori, che inizialmente visitarono la terra per scopi scientifici, poi come turisti in visita ad un “bio parco” ed in seguito, stabilendo insediamenti permanenti in epoche ancor più remote della comparsa dei primi dinosauri; è assai probabile che la colonizzazione fu fatta anche da altre specie ed in epoche differenti, sicuramente vi fu un periodo in cui le diverse specie convissero in una sorta di “melting pot” di razze, usi e costumi, ma come accade anche nelle società umane, usi e costumi di un gruppo sono o possono divenire antitetici con quelli di altri gruppi, quindi inevitabilmente l’innesco di una escalation conflittuale.
L’ipotesi degli antichi colonizzatori potrebbe dimostrarsi valida ed essere corroborata dai tanti oggetti e testimonianze che rientrano nella classificazione degli “Oopart” acronimo di Out Of Place ARTifacts e che risalirebbero ad epoche in cui, secondo la scienza ufficiale, non solo l’essere umano non poteva esistere, ma non poteva esistere nemmeno una qualsiasi specie intelligente abile a produrre tali manufatti, quindi, come detto in precedenza, ignorare il “problema” e se diventa pressante, ammantarlo di un bel dogma creato ad oc o rinchiudere la faccenda nel più classico dei segreti militari.

Comunque questi manufatti sono la testimonianza concreta, la cosi detta “pistola fumante” che dimostra le forti discrepanze tra quanto globalmente accettato sulla storia del mondo e quello che emerge dalle evidenze tangibili e documentali di artefatti inspiegabili perlomeno stando alla alla scienza ufficiale; sicuramente tra gli oopart vi sono dei falsi creati a bell’apposta per scopi promozionali o per mera vanità, ma molti altri non lo possono essere come ad esempio gli artefatti rinvenuti nei pressi dei fiumi Narada, Kozhim e Balbanyu in occasione di prospezioni geologiche in cerca d’oro; questi manufatti sarebbero stati rinvenuti in una stratificazione che li daterebbe tra i 20.000 e i 300.000 anni fa e la loro composizione sarebbe costituita da leghe di rame, tungsteno e molibdeno, si tenga presente che il tungsteno fonde ad una temperatura di 3.410° e il molibdeno a 2.650° e questo implica una conoscenza e una tecnologia siderurgica piuttosto avanzata, oltretutto considerando le dimensioni di alcuni di questi oggetti, i più piccoli non superano i 0.003 millimetri, denotano oltre ad una conoscenza tecnica e metallurgica, anche una tecnologia che oggigiorno definiremmo nanometrica, tecnologia che ai nostri giorni sta cominciando a muovere i primi passi e quindi bel lungi dal riuscire a realizzare simili prodotti.
Anche l’impronta fossile rinvenuta nel 1968 da William J. Meister nella zona di Antelope Spring, Utah, in una gita con moglie e figlie, non può considerarsi un falso poiché dalla datazione al radiocarbonio, per quanto il range d’errore possa essere ampio, farebbe risalire l’epoca del reperto ad una periodo compreso tra i 550 e i 600 milioni di anni e da quanto si può osservare occorre fare un enorme sforzo per non distinguere il segno di un sandalo che calpesta dei trilobiti, peraltro pare fossero ancora vivi.

Si potrebbe pensare ad un falso per lo scheletro di Guadalupe, Antille, rinvenuto agli inizi del 1800, scheletro fossile di un essere umano che risalirebbe a 28 milioni di anni fa e tenuto in mostra al British Museum fino al 1812 per poi essere “relegato”, prudentemente, nei magazzini dopo l’avvento delle teorie darwiniane; occorre domandarsi in questo caso, perché non rendere pubblico che si trattase di un falso e quindi disfarsi del “tarocco”?
Forse perché attesta qualcosa d’altro ed in contrasto, sia con le teorie creazioniste che evoluzioniste?
Sembrerebbe di si, è vero che nel passato in ambito archeologico vi sono stati dei “furbetti” che per accreditarsi hanno falsificato dei reperti, ma erano certamente consci che prima o poi sarebbero stati scoperti, ancor più oggigiorno con le tecniche investigative moderne, i falsi verrebbero smascherati già dalle analisi preliminari, dunque perché questi specifici reparti, paiono essere “scomparsi” dal panorama non solo dell’archeologia ma anche da quello degli oopart e solo su qualche stringato e poco circostanziato articoletto in spagnolo?

Altra considerazione su questo scheletro, presumendo l’autenticità dell’immagine e facendo il raffronto con lo scheletro dell’uomo moderno, si evidenziano in modo più che palese le forti differenze; per cominciare l’arco pubico dello scheletro di Guadalupe ha una conformazione differente rispetto lo scheletro umano, sia femminile che maschile, sempre in merito al bacino, questo appare estremamente largo e basso, inoltre il coccige, è decisamente più largo e con una “triplice conformazione caudale”; proseguendo l’analisi della colonna vertebrale, si osserva che in prossimità del bacino è più larga rispetto la parte superiore e più “squadrata”, mentre l’attaccatura delle costole è a “raggiera” e non a “pettine” rispetto lo scheletro umano.
Se si trattasse di uno scherzo, bhé la persona o le persone che all’epoca lo idearono, avevano delle lacune macroscopiche sull’anatomia umana o in alternativa, il reperto è autentico ma lo scheletro sarebbe un qualche alieno.
Questo potrebbe spiegare ancor meglio il perché il British Museum abbia preferito mettere in magazzino questo scomodo reperto fin dal 1812 e indirettamente attesta anche che fin da allora emergevano prove concrete delle incongruenze tra storia e preistoria.

Anche per il famoso martello di Kingoodie, rinvenuto in Scozia nel 1844, si potrebbe ipotizzare una falsificazione; in caso che si tratti di un falso, ci si deve interrogare sul come il falsario sia riuscito a incastonare in un blocco di roccia, un martello e poi perché con il manico spezzato; seguendo nell’ipotesi del falso, il falsario avrebbe dovuto conoscere il segreto per far sciogliere o quantomeno ammorbidire la roccia a tal punto da poter inserire il martello e quindi ri solidificare la roccia, se pure in possesso della tecnica che sembrerebbe appannaggio di antiche civiltà, tra cui quella egizia e quelle precolombiane del Sud America, l’imbroglio verrebbe smascherato facilmente con l’analisi al radiocarbonio e quindi la datazione tra il manufatto e la roccia sarebbe macroscopica.
Quello che fa pensare ad un falso è il fatto che il manico del martello non sia fossilizzato e per essere un reperto risalente ad un periodo geologico compreso tra i 360 e 460 milioni di anni, ciò risulta essere al di fuori di ogni logica scientifica, comunque ci si deve chiedere perché chi ha realizzato l’attrezzo, abbia applicato un trattamento che preserverebbe il manico di un semplice martello dalle inevitabili degradazioni del tempo, forse perché il trattamento era parte del processo “industriale” della produzione degli utensili?

Si potrebbe ipotizzare una falsificazione anche per quanto riguarda la cosi detta coppa di Wilburton, rinvenuta in un blocco di carbone proveniente dalle omonime miniere in Oklahoma e che risalirebbe ad un’epoca del carbonifero di circa 300 milioni di anni, presumendo una falsificazione, viene da chiedersi il perché e lo scopo di questa messa in scena, perlomeno da parte dell’operaio che rinvenne la coppa, che tra l’altro il reperto non ha nessun pregio artistico, ne a quanto pare, una benché minima incisione, eventuali diritti o appannaggi sarebbero stati della società elettrica e non certo dell’operaio che per quanto, a posteriori, potesse sperare di guadagnarne in fama, certamente non gli avrebbe certo cambiato la vita e comunque sorge sempre l’interrogativo del perché avrebbe dovuto organizzare la messinscena?

Anche per la lente egizia realizzata in cristallo di rocca, una lente di ingrandimento che secondo gli esperti risalirebbe a più di 4.800 anni e molto probabilmente parte di un cannocchiale o comunque di un sistema ottico, si potrebbe ipotizzare una falsificazione, ma viene da chiedersi, perché mai qualcuno dovrebbe falsificare un tale rinvenimento e poi perché uno dei più illustri musei del mondo, il British Museum esporrebbe un clamoroso falso?
Sembrerebbe che di lenti ne siano state rinvenute diverse e di diverse dimensioni e non solo in Egitto, ma anche in altre zone distanti migliaia di chilometri nel Nord Europa, denotando che fin dall’antichità l’ottica e le tecniche nel realizzare lenti per usi specifici era una conoscenza che faceva parte di un bagaglio scientifico millenni prima che Archimede ideasse i suoi specchi parabolici e ulteriori secoli a che Galileo perfezionasse l’invenzione di Hans Lippershey.
Un ulteriore interrogativo, perché realizzare delle lenti in cristallo di rocca o quarzo ialino che necessita di una lavorazione decisamente più impegnativa che non del semplice vetro?
Certamente se dovessero essere rinvenute lenti analoghe nel nuovo mondo e in Australia questa sarebbe una scoperta che confermerebbe che in passato vi era una conoscenza globalmente condivisa e quindi l’ulteriore prova di una società globale.

Proseguendo nell’essenziale carrellata di reperti fuori tempo, tra i possibili falsi si potrebbero annoverare anche le ormai famosissime pietre di Ica, su cui sono rappresentati scenari assolutamente anacronistici (per i cattedratici dell’ortodossia scientifica e religiosa) di esseri umani o presunti tali e dinosauri, di persone che scrutano il cielo con quello che potrebbe essere un cannocchiale e una parziale mappa stellare, cartografie che mostrano l’intero pianeta e continenti “scomparsi”, raffigurazioni di interventi chirurgici e relativi strumenti, raffigurazioni in cui si osservano strutture che ricordano piramidi e strane forme energetiche in relazione al sole, pietre in cui sono riportati gli stessi simboli dei geoglifi di Nazca, ed in altre quelle che potrebbero raffigurare ciò che oggi definiamo UFO.

Comunque queste pietre continuano a spaccare il mondo scientifico e l’opinione pubblica circa la loro autenticità, però dobbiamo sempre porci le giuste domande e tra queste è come è possibile che dei contadini, per quanto colti e edotti possano essere, siano riusciti a scolpire delle pietre di una particolare durezza senza lasciar traccia dei segni degli scalpelli ed in un arco di tempo estremamente breve?
L’andesite è una roccia particolarmente dura e difficilmente lavorabile, quindi se si utilizzasse uno scalpello per inciderla i segni dello strumento sarebbero più che evidenti e incontrovertibilmente attesterebbero la manipolazione anche perché tacce del materiale dello scalpello resterebbero all’interno dei solchi, ma a quanto pare le incisioni sulle pietre considerate genuine i segni di scalpelli non si osservano ne si osserva una particolare differenza delle incisioni e questo denoterebbe una altissima professionalità degli scalpellini; questo porta a fare una considerazione, perché mai dei semplici contadini, dotati di una alta professionalità nello scolpire delle rocce abbiano continuato a fare i contadini oltretutto sottraendo tempo ai lavori dei campi e non dedicarsi al lavoro di incisori a tempo pieno?
Si potrebbe ipotizzare che le incisioni siano state realizzate per mezzo di un procedimento chimico, ossia impiegando un qualche tipo di corrosivo, ma anche in questo caso, se non le tracce dell’acido, quantomeno parte di materiale corroso o semi corroso attesterebbe un tale procedimento, ma anche in questa ipotesi, sembrerebbe che non vi siano tracce che la sostengono; resta l’ipotesi che le incisioni siano state effettuate mediante l’uso di un laser peraltro ad impulsi, ma a questo punto ci si deve domandare, come è possibile che negli anni sessanta, dei contadini disponessero di un laser, quando negli anni sessanta si effettuavano studi e sperimentazioni di questo strumento?

Certamente l’impiego di un laser non lascerebbe traccia ne di scalfitture ne di reazioni chimiche, ma “disintegrerebbe” soltanto lo strato superiore della roccia, analogamente a come oggigiorno si cancellano dei tatuaggi, con l’eccezione che sulla pelle restano i segni delle micro bruciature; altra considerazione è che data la quantità delle pietre rinvenute e se pur ipotizzando l’impiego di un laser, il tempo necessario per realizzarle sarebbe comunque piuttosto lungo per due sole persone, sempre ammesso e non concesso che vi fosse un pletora di falsari, ma questo comporterebbe che al crescere del numero dei “congiurati”, maggiore la probabilità di eventuali “defezioni”.
Comunque ritorna il solito quesito, perché realizzare una tale sceneggiata e poi con l’evidente e assurda pretesa di rappresentare una realtà del tutto onirica?
Se i suddetti falsari avessero avuto l’accortezza di rappresentare scene di caccia, di coltivazioni ecc. ecc. come rappresentati nei graffiti rupestri di grotte e caverne, sicuramente, avrebbero fatto la loro fortuna e sarebbero assorti alla gloria, alla fama e anche alla ricchezza.
Si potrebbe proseguire con tantissimi altri reperti più o meno famosi, come la vite di Gansu Xijiang, le statuine di Acambaro, i tubi metallici di Saint-Jean de Livet, il meccanismo di Antikythera, gli aerei gioiello precolombiani di Bogotà, il vaso di Meeting House Hill a Dorchester, le sfere scanalate del Sudafrica e tanti, tanti altri.
Ma l’interrogativo è perché mai tante persone in luoghi distanti ed in tempi diversi avrebbero realizzato questi falsi e se sono realmente dei falsi perché i dotti non abbiano utilizzato la stessa scienza per smascherarli?

Le testimonianze di un passato diverso le si possono riscontrare non solo nei reperti tangibili di oggetti “fuori tempo”, ma anche in quelle che sono le tradizioni ed i culti di molti popoli che riportano in modo del tutto anomalo fatti che restano inspiegabili al pari degli oopart, ad esempio la conoscenza dell’esistenza di Sirio B da parte della tribù dei Dogon e che questo orbitasse attorno a Sirio con un periodo di circa 50 anni, conoscenza tramandata da secoli, eppure la scoperta di Sirio B risale a meno di due secoli fa, altra anomalia dei Dogon è la tipologia delle loro costruzioni che differisce da quelle delle altre tribù africane che quasi globalmente costruiscono le loro capanne in forma circolare, mentre i Dogon sembrano prediligere una “architettura” all’occidentale e che per molti versi ricorda le costruzioni degli indiani Hopi dell’Arizona e del Nuovo Messico.
Trace di un antico passato si possono rinvenire nelle leggende delle popolazioni delle isole sparse nel pacifico che oltre ad essere simili o se si vuole concordanti, parlano una lingua pressoché identica e tra isolani distanti anche migliaia di chilometri si comprendono senza grande difficoltà.
Altre testimonianze di quella che potrebbe definirsi l’epoca d’oro dell’umanità è raccolta in moltissimi documenti dell’antica India ed ancor più del Tibet il cui libro più famoso è il Bagva Gita, ma anche il Vaimanika Shastra e tanti altri documenti che palano di un mondo antico assai differente rispetto a come viene raffigurato.

Ulteriori testimonianze le si possono rinvenire nelle rovine del Chaco canyon e questi, stranamente, per allineamenti astronomici e proporzioni ricalcano in modo fedele gli stessi allineamenti che si trovano nell’antico Egitto nella piana di Giza.Che i nativi americani avessero una conoscenza o comunque un retaggio culturale riferibile alla cultura degli antichi egizi o forse che gli antichi egizi “scoprirono” il nuovo mondo millenni prima di Colombo e si insediarono in un epoca persa nel tempo?

Fonte immagine: Youtube – Real Ancient Technology Found in Cuzco Peru 2012 New.

Le testimonianze di una antica tecnologia la si può riscontrare nei resti delle civiltà sudamericane come ad esempio blocchi monolitici del peso di svariate tonnellate perfettamente lavorati e levigati a mo di porte e portoni incastonati nella montagna, blocchi di granito più piccoli con fori perfettamente circolari che a quanto si può osservare non ha nulla a che fare con un qualunque trapano tradizionale, fori che oltremodo si intersecano tangenzialmente con fori più piccoli contenuti nel blocco stesso, presumibilmente lo scopo di questa strana foratura, doveva costituire un
sistema di bloccaggio o di tiranti.

Per comprendere meglio ho provato a realizzare un modellino 3D del blocco in questione e se virtualmente realizzare il blocco è assai semplice, materialmente la realizzazione risulta impossibile, anche ipotizzando una “fusione” del granito in uno stampo al cui interno fosse disposta una dima, ci si deve domandare come in seguito sia stato possibile rimuoverla.
E’ possibile che questo manufatto attesti che chi l’abbia realizzato conoscesse il segreto di “ammorbidire” la roccia senza per questo fonderla e che il procedimento per realizzare questo come altri possa essere stato simile alla tecnica della cera persa e la dima sia stata sciolta in un secondo tempo lasciando integra la sua forma?
In alternativa, si potrebbe pensare che in realtà quelli che riconosciamo come blocchi di granito in realtà siano blocchi di una sorta di calcestruzzo a base granitica?
Questa ipotesi fu formulata anche per la realizzazione delle piramidi se pure con materiali differenti, potrebbe spiegare come blocchi di roccia, ancor oggi impossibili da spostare siano stati posizionati in modo perfetto e preciso, anche in questo caso, si evidenzierebbe una comune conoscenza, una tecnica comune di lavorazione delle rocce e più in generale una comune base di quella che potrebbe definirsi edilizia se pure monolitica.

Fonte immagine: Youtube – Strange Phenomena In The Land Of The Inca

Anche dalla seguente immagine si può dedurre che gli antichi Inca o quantomeno le genti che realizzarono quelle, come altre strutture, disponessero di una tecnologia moderna per tagliare le pietre in modo perfetto, tagli che oggi possono essere fatti solo mediante fili diamantati, in appositi laboratori e con attrezzature piuttosto costose e complesse, quindi aldilà della funzione che tali strutture potevano assolvere, sorge il quesito se queste apparecchiature fossero “portatili” oppure che i manufatti fossero realizzati altrove e posizionati in un secondo tempo.

Fonte immagine: Youtube – New_ NASA UFO – Leaked Moon images and video_

Dalla panoramica di reperti, strutture e documenti antichi, sarebbe estremamente miope non riconoscere i segni e le trace di una tecnologia che per molti versi risulta essere di gran lunga superiore a quella che attuamene è detenuta dall’umanità, una tecnologia che probabilmente permetteva se non viaggiare tra le stelle, quantomeno raggiungere e operare sul nostro satellite, come sembrerebbe essere testimoniato da alcuni geoglifi che si troverebbero sula superficie lunare e che denotano una fortissima assonanza o somiglianza con i geoglifi che si possono osservare nella penisola del Sinai e nei deserti della Mongolia.

Riprendendo per un attimo le considerazioni preliminari, sembrerebbe che qualcuno abbia volutamente spezzato il filo della storia, vuoi per semplice brama di potere o ricchezza, vuoi per non sottostare alle stesse regole cui sottostanno tutti gli altri o per il semplice motivo che ritengono di essere superiori e quindi esseri superiori, superiori esigenze a discapito degli “inferiori” ed in modo cinico, attestare ulteriormente che sia cosa buona e giusta che “la sopravvivenza del più idoneo, per quanto crudeli siano le sue azioni, siano comunque finalizzate ad uno scopo più alto” e quindi giustificabili e forse apprezzabili.

Di seguito alcuni video che reputo particolarmente interessanti.

NOTA:
Alcuni video potrebbero essere anticipati da spot pubblicitari, purtroppo questo dipende da YouTube, anche se deprecabile, è comprensibile, da qualche parte devono pur reperire i fondi per mantenere le strutture di un servizio gratuito.




I geoglifi lunari sono al punto 2:40


Fine stesura 24 settembre 2012

Informazioni su phoo34

Curioso, impertinente ed irriverente, prendere le cose di petto onde evitare malintesi; come per un buon vino, serietà ma con moderazione. Non uso più Skype/Messanger o similari per questioni di privacy!!! :-(
Questa voce è stata pubblicata in 2012, Agarti, Archeologia, Archeologia marina, Civiltà scomparse, Fenomeni geologici, Fisica, Free energy, geomagnetismo, Giganti, Occultismo, piramidologia, piramidologia, Scienza di confine, Scoperte in Google map e Google Earth, Segreti, Teologia, Top Secret, Ufologia e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

3 risposte a Il filo spezzato

  1. Deker ha detto:

    Sono andato sul sito del British museum e ho provato cercare informazioni sullo scheletro di Guadalupe, ma non c’è niente, non è che si tratta di una bufala?

    • phoo34 ha detto:

      Si anche io sono andato sul sito del museo, ma probabilmente non c’è riferimento perché non è tra le cose esposte, presumo che occorra occorra contattare la direzione per avere informazioni su quanto è nei magazzini, sempre ammesso che rispondano.
      Comunque come ho detto nell’intervento se fosse un falso, perché non denunciarlo pubblicamente e magari supportarlo da eventuali esami onde spazzare via ogni dubbio?

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